Tutto inizia in un’estate aggrappata al cielo con dita di luce dorata. Non fu un incontro. Fu una collisione. Un lampo di verde e oro che mi frantumò il petto in un campo di girasoli. E una cucitura dentro di me, una che non sapevo di avere, cedette di schianto.
L’aria sapeva di polvere rossa scaldata dal sole, di miele selvatico e di qualcosa di più profondo, più oscuro, come l'odore di terra umida di un sogno dimenticato. Il fruscio del suo vestito leggero, che danzava con il vento, non era un canto. Era un richiamo.
Una domanda mi pulsava nelle vene, un ritmo nuovo e pericoloso: cosa accende questo fuoco che mi brucia sotto la pelle? Eravamo due fiumi che si sfiorano, le acque incerte se fondersi o straripare. I suoi occhi, quando si incatenavano ai miei, erano un confine che non osavo attraversare, ma che ogni fibra del mio essere desiderava violare.
E in quel silenzio carico di attesa, sentii il mio cuore battere non come un tamburo, ma come un pugno chiuso che colpiva dall'interno, chiamando un futuro che temevo e desideravo con la stessa, identica forza.