Quando parliamo di giustizia non parliamo solo della sua amministrazione quotidiana, quel complesso istituzionale che coinvolge i giudici, i tribunali, le corti, gli avvocati, i pubblici ministeri, le prigioni, le persone sul cui destino tutto ciÃ˛ incide il piÚ delle volte pesantemente. Parliamo anche di un punto di riferimento ideale, dei valori di base che guidano la nostra convivenza e a cui si ispira la distribuzione di diritti e doveri, opportunità e obblighi, libertà e limiti. Se si smarrisce questo riferimento ideale, anche l'amministrazione della giustizia soffre, perchÊ resta priva di una bussola e di una direzione.Dopo piÚ di trent'anni in magistratura e con all'attivo decine di inchieste giudiziarie che hanno segnato la storia italiana recente, Gherardo Colombo consegna a questo libro la sua riflessione sulla cultura della giustizia e sul senso profondo delle regole. Senza rispetto delle regole, infatti, non potremmo vivere in società . Ma senza una discussione pubblica sulle ragioni delle regole, la vita in società non potrebbe fare passi avanti, non saprebbe proiettarsi verso il futuro in modo dinamico, non riuscirebbe a immaginare nuovi diritti nÊ a creare forme migliori di convivenza.à per questo che la discussione sulle regole coinvolge per Colombo anche i modelli di società a cui le regole si ispirano. Modelli verticali, basati sulla gerarchia, la competizione, la centralità della pena. E modelli orizzontali, piÚ rispettosi della persona, orientati al riconoscimento dell'altro, capaci di sperimentare soluzioni alternative alla punizione e all'esclusione. Una strada, quest'ultima, tracciata proprio sessant'anni fa dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Costituzione italiana.