Pescecani

· Edizioni Mondadori
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Il nababbo di Treviso? Possiede 163 motociclette, 155 bici da corsa, 70 fra yacht e motoscafi e 493 auto, compresa la Jaguar di Diabolik. Tutto gelosamente custodito in una decina di capannoni. Collezionismo estremo: per soddisfarlo, ha sottratto 40 milioni di euro alle banche e messo 700 dipendenti sulla strada. Il Corona di Arzignano? Guadagnava 9 milioni di euro, denunciava al fisco 177 euro. Lo 0,0001 per cento. Il suo mito? Il re dei paparazzi Fabrizio Corona. La sua vita? Una cavalcata tra eccessi, belle donne e champagne. Le tasse? «Una parola complicata.» Si sente un evasore? «Dov'è il problema? No go copà nisun.» Non ha ammazzato nessuno. Eccoli qui i pescecani, quelli che negli ultimi anni si sono arricchiti alle spalle degli italiani che tiravano la cinghia. Pare che siano sempre di più e i dati parlano chiaro: la crisi non ha aumentato solo le differenze tra ricchi e poveri, ma anche la percentuale di chi fa soldi in modo illegale. E il rischio è che, voraci come sono, i pescecani si stiano impadronendo del Paese. Che siano proprio loro a comandare, del resto, è apparso evidente quando è saltato il tappo della Cupola di Roma. E a chi chiede perché i problemi non si risolvono, ecco spiegata la ragione: perché ci sono loro, i pescecani, che nei nostri problemi ci sguazzano. E fanno soldi. Molte delle storie che leggerete in queste pagine vi faranno arrabbiare. Molte vi faranno sorridere. Molte vi sembreranno così assurde da non essere vere. Invece è tutto documentato, fino all'ultima virgola. Verrebbe da aggiungere: purtroppo. C'è il professore della Bocconi che vende hotel e palazzi che non ha; c'è il faccendiere pasticcione che si mette in posa con i vip, nascondendo 234 assegni a vuoto. C'è Er Viperetta Massimo Ferrero, di cui si racconta la vera storia. E poi ci sono i banchieri, i signori della corruzione (dall'Expo al Mose), i re degli appalti romani e il rampollo così spudorato da filmarsi mentre consegna la tangente. Questo libro è il racconto incredibile e drammatico di un pezzo di realtà italiana che sta crescendo e forse ci sfugge, ma su cui tutti dovremmo riflettere e intervenire. Non possiamo, infatti, far finta di non vedere che i furbi stanno vincendo la loro storica lotta con i fessi. Che non c'è angolo della nostra meravigliosa Italia in cui, accanto a tante persone perbene, non si rischi di trovare il pescecane di turno. Bisogna imparare a conoscerli per difendersi. A combatterli. Queste pagine sono una specie di vaccino, un antidoto. Una legittima difesa per impedire che i pescecani si mangino tutto. Perché è lecito che ognuno speri di salvarsi facendo il furbo. Ma nessun Paese in mano ai furbi può sperare di salvarsi.

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