Qualcosa di immensamente remoto dallâoggi apparve piÚ di tremila anni fa nellâIndia del Nord: il Veda, un ÂĢsapereÂģ che comprendeva in sÊ tutto, dai granelli di sabbia sino ai confini dellâuniverso. Distanza che si avverte nel modo di vivere ogni gesto, ogni parola, ogni impresa. Gli uomini vedici prestavano unâattenzione adamantina alla mente che li reggeva, mai disgiungibile da quellâÂĢardoreÂģ da cui ritenevano si fosse sviluppato il mondo. Lâattimo acquistava senso in rapporto a un invisibile traboccante di presenze divine. Fu un esperimento del pensiero cosÃŦ estremo che sarebbe potuto scomparire senza lasciare traccia del suo passaggio nella ÂĢterra dove vaga in libertà lâantilope neraÂģ (cosÃŦ veniva definito il luogo della legge). Eppure quel pensiero â groviglio composto da inni enigmatici, atti rituali, storie di dèi e folgorazioni metafisiche â ha lâindubitabile capacità di illuminare con luce radente, diversa da ogni altra, gli eventi elementari che appartengono allâesperienza di chiunque, oggi e dappertutto, a cominciare dal puro fatto di essere coscienti. CosÃŦ collidendo con molte di quelle che vengono ormai considerate ferme acquisizioni. Questo libro racconta come attraverso i ÂĢcento camminiÂģ a cui allude il titolo di unâopera smisurata e capitale del Veda, lo "Åatapatha BrÄhmaÅa", si puÃ˛ raggiungere ciÃ˛ che sta davanti ai nostri occhi passando attraverso ciÃ˛ che da noi è piÚ lontano.