Il problema del Rinascimento

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«Il Rinascimento è un cambiamento di marea. E il passaggio dal medioevo all’età moderna deve essere visto non come una grande svolta, ma come una lunga serie di onde che vengono a frangersi sulla spiaggia: ciascuna si frange a una distanza diversa e in un momento diverso. Le linee di demarcazione fra vecchio e nuovo passano per punti sempre diversi; ogni forma di civiltà, ogni pensiero ricorre al suo momento, e la trasformazione non interessa mai tutto quanto il complesso della civiltà». L’idea di Rinascimento è uno dei concetti chiave su cui si è modellata l’identità culturale europea. Al solo pronunciarla, questa parola evoca ancora oggi, nel senso comune diffuso, il sogno di un’epoca «di porpora e d’oro», di un mondo immerso in un dolce chiarore. Individualismo, ritorno al classico e riscoperta dei suoi valori estetici, allentamento dei vincoli religiosi e senso della vita, nuova centralità del mondo e della natura: sembrano questi i suoi tratti essenziali, che una lunga tradizione di studi ha fissato nel tempo e che tuttora ci consegna. Ma è davvero così? «Leggere i saggi di Huizinga – scrive Gabriele Pedullà – è la migliore introduzione agli enormi problemi che un concetto fruttuoso, ma anche controverso come quello di Rinascimento ha posto e continua a porre agli studiosi». Il Rinascimento, infatti, è un concetto mutevole, caratterizzato, fin dalla sua prima definizione presso i contemporanei, da una larga oscillazione di significati, riguardo ai campi della sua applicazione, ai suoi termini cronologici e ai suoi ambiti geografici. Lo sviluppo stesso di questa parola, insomma, è una delle prove più lampanti del fatto che la storia non è una scienza indipendente, e che essa è legata da rapporti indissolubili con la vita stessa di un’epoca, il che rappresenta insieme la sua debolezza e la sua forza. Da Valla a Machiavelli e a Erasmo, da Vasari a Leonardo e a Galileo, e poi via via da Voltaire a Goethe, e da ultimo, nell’Ottocento, «secolo della storia», da Michelet a Burckhardt, l’interpretrazione del Rinascimento si sposta, fino a fissarsi alla fine, in modo schematico e semplificatorio, su una contrapposizione netta con l’intera storia precedente, con quel medioevo dei secoli bui che rischia di diventare, a confronto, un tutto indistinto e negativo. Ne segue, nota acutamente Huizinga, uno strano fenomeno di «predatazione» del Rinascimento medesimo: tutte le volte che, ben prima del fatidico crinale tra Quattro e Cinquecento, si presenta una qualche personalità in grado di esaltare i valori dell’individualismo, nella letteratura, nelle arti, nella scienza o nello stesso campo del rinnovamento religioso, ecco che questa personalità è rappresentata come «precorritrice», si tratti di Petrarca o di Dante, di Giotto o di Francesco d’Assisi. L’analisi di Huizinga suggerisce uno scenario più mosso, più articolato. Il Rinascimento è per il grande storico olandese un fenomeno fatto di sfumature, di mezze tinte; un’età di transizione che si dispone contraddittoriamente tra gli scenari dell’universo medievale e la faticosa, più lunga conquista della prospettiva del mondo moderno. Letto a distanza di quasi un secolo dalla sua stesura e a settant’anni dalla morte di Huizinga, questo saggio rappresenta un contributo incredibilmente attuale. Sfumata la visione di uno sviluppo storico a tutti i costi lineare e progressivo, l’idea di Rinascimento si ripresenta oggi come il banco di prova di una consapevolezza storica complessa, da rivisitare e da riconquistare. Ed è qui la grande lezione di questo splendido, piccolo libro.

Зохиогчийн тухай

Johan Huizinga (1872-1945) è stato uno dei più grandi storici europei del primo Novecento. Nato e vissuto in Olanda, ha insegnato per un lungo periodo all’Università di Leida, pubblicando qui i suoi lavori più importanti – da L’autunno del Medioevo (1919) alla grande monografia su Erasmo (1924), da La civiltà olandese del Seicento (1933) a Homo Ludens (1938) –, tutti tradotti dall’olandese e diffusi nelle principali lingue europee. Durante l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi, Huizinga, sostenitore dei valori della libertà contro ogni totalitarismo, venne perseguitato dal regime nazista. Arrestato nel 1942, rimase prigioniero fino alla morte, avvenuta il 1o febbraio 1945.

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