Apologia di Socrate, Critone

Feltrinelli Editore
āχāĻŦ⧁āĻ•
224
āĻĒ⧃āĻˇā§āĻ āĻž
āĻŽā§‚āĻ˛ā§āϝāĻžāĻ‚āĻ•āύ āφ⧰⧁ āĻĒā§°ā§āϝāĻžāϞ⧋āϚāύāĻž āϏāĻ¤ā§āϝāĻžāĻĒāύ āϕ⧰āĻž āĻšā§‹ā§ąāĻž āύāĻžāχ  āĻ…āϧāĻŋāĻ• āϜāĻžāύāĻ•

āĻāχ āχāĻŦ⧁āĻ•āĻ–āύ⧰ āĻŦāĻŋāĻˇā§Ÿā§‡

Nel 399 a.C. Socrate fu trascinato in tribunale in un’Atene prostrata e inquieta. Il trentennale conflitto contro gli Spartani si era da poco concluso con un’amara e umiliante sconfitta: le mura della città erano state demolite, la sua prestigiosa flotta navale smantellata. La comunità era stata dilaniata dalla guerra civile: alti erano stati i costi in termini di relazioni personali. Con un decreto si impose di consegnare a un completo oblio ogni male e sofferenza. Ma un decreto, per quanto autorevole, non poteva bastare, di per sÊ, a cancellare torti e dolore. È in questa singolare temperie che Socrate fu tradotto dinanzi a una giuria popolare, accusato di corrompere i giovani e di non credere agli dei della città. Insomma, di pensarla “diversamente”, di mettere in discussione i valori su cui Atene si fondava, ma anche di indurre in altri il medesimo atteggiamento critico. In quel momento di grande fragilità, quei discorsi erano forse piÚ di quanto si potesse tollerare. Davanti ai giudici, Socrate si trovÃ˛ nella posizione di chi deve pronunciare un’“apologia” del proprio operato. Ma il suo discorso non ebbe nulla a che vedere con quanto un imputato era solito dire. Decise di parlare senza tentare di manipolare a suo favore l’uditorio nÊ di edulcorare i fatti. Non chiese pietà. Unicamente in nome dell’alÊtheia, della “verità”, perchÊ solo su di essa si poteva fondare la forma compiuta della “giustizia”. Ben sapendo il risultato che avrebbe ottenuto.

āĻāχ āχāĻŦ⧁āĻ•āĻ–āύāĻ• āĻŽā§‚āĻ˛ā§āϝāĻžāĻ‚āĻ•āύ āϕ⧰āĻ•

āφāĻŽāĻžāĻ• āφāĻĒā§‹āύāĻžā§° āĻŽāϤāĻžāĻŽāϤ āϜāύāĻžāĻ“āĻ•āĨ¤

āĻĒāĻĸāĻŧāĻžā§° āύāĻŋāĻ°ā§āĻĻ⧇āĻļāĻžā§ąāϞ⧀

āĻ¸ā§āĻŽāĻžā§°ā§āϟāĻĢ’āύ āφ⧰⧁ āĻŸā§‡āĻŦāϞ⧇āϟ
Android āφ⧰⧁ iPad/iPhoneā§° āĻŦāĻžāĻŦ⧇ Google Play Books āĻāĻĒāĻŸā§‹ āχāύāĻˇā§āϟāϞ āϕ⧰āĻ•āĨ¤ āχ āĻ¸ā§āĻŦāϝāĻŧāĻ‚āĻ•ā§āϰāĻŋāϝāĻŧāĻ­āĻžā§ąā§‡ āφāĻĒā§‹āύāĻžā§° āĻāĻ•āĻžāωāĻŖā§āϟ⧰ āϏ⧈āϤ⧇ āĻ›āĻŋāĻ‚āĻ• āĻšāϝāĻŧ āφ⧰⧁ āφāĻĒ⧁āύāĻŋ āϝ'āϤ⧇ āύāĻžāĻĨāĻžāĻ•āĻ• āϤ'āϤ⧇āχ āϕ⧋āύ⧋ āĻ…āĻĄāĻŋāĻ…'āĻŦ⧁āĻ• āĻ…āύāϞāĻžāχāύ āĻŦāĻž āĻ…āĻĢāϞāĻžāχāύāϤ āĻļ⧁āύāĻŋāĻŦāϞ⧈ āϏ⧁āĻŦāĻŋāϧāĻž āĻĻāĻŋāϝāĻŧ⧇āĨ¤
āϞ⧇āĻĒāϟāĻĒ āφ⧰⧁ āĻ•āĻŽā§āĻĒāĻŋāωāϟāĻžā§°
āφāĻĒ⧁āύāĻŋ āĻ•āĻŽā§āĻĒāĻŋāωāϟāĻžā§°ā§° ā§ąā§‡āĻŦ āĻŦā§āϰāĻžāωāϜāĻžā§° āĻŦā§āĻ¯ā§ąāĻšāĻžā§° āϕ⧰āĻŋ Google PlayāϤ āĻ•āĻŋāύāĻž āĻ…āĻĄāĻŋāĻ…'āĻŦ⧁āĻ•āϏāĻŽā§‚āĻš āĻļ⧁āύāĻŋāĻŦ āĻĒāĻžā§°ā§‡āĨ¤
āχ-ā§°ā§€āĻĄāĻžā§° āφ⧰⧁ āĻ…āĻ¨ā§āϝ āĻĄāĻŋāĻ­āĻžāχāϚ
Kobo eReadersā§° āĻĻ⧰⧇ āχ-āϚāĻŋ⧟āĻžāρāĻšā§€ā§° āĻĄāĻŋāĻ­āĻžāχāϚāϏāĻŽā§‚āĻšāϤ āĻĒā§āĻŋāĻŦāϞ⧈, āφāĻĒ⧁āύāĻŋ āĻāϟāĻž āĻĢāĻžāχāϞ āĻĄāĻžāωāύāĻ˛â€™āĻĄ āϕ⧰āĻŋ āϏ⧇āχāĻŸā§‹ āφāĻĒā§‹āύāĻžā§° āĻĄāĻŋāĻ­āĻžāχāϚāϞ⧈ āĻ¸ā§āĻĨāĻžāύāĻžāĻ¨ā§āϤ⧰āĻŖ āϕ⧰āĻŋāĻŦ āϞāĻžāĻ—āĻŋāĻŦāĨ¤ āϏāĻŽā§°ā§āĻĨāĻŋāϤ āχ-ā§°āĻŋāĻĄāĻžā§°āϞ⧈ āĻĢāĻžāχāϞāĻŸā§‹ āϕ⧇āύ⧇āĻ•ā§ˆ āĻ¸ā§āĻĨāĻžāύāĻžāĻ¨ā§āϤ⧰ āϕ⧰āĻŋāĻŦ āϜāĻžāύāĻŋāĻŦāϞ⧈ āϏāĻšāĻžāϝāĻŧ āϕ⧇āĻ¨ā§āĻĻā§ā§°āϤ āĻĨāĻ•āĻž āϏāĻŦāĻŋāĻļ⧇āώ āύāĻŋā§°ā§āĻĻ⧇āĻļāĻžā§ąāϞ⧀ āϚāĻžāĻ“āĻ•āĨ¤